Venezuela: un appello urgente per fermare l'escalation di violenza

Se c'è una cosa chiara, è che la drammatica situazione in Venezuela non può essere spiegata con letture semplicistiche e manichee. Che vi siano manifestazioni di massa contro il governo, con una partecipazione di gente di tutti i ceti sociali, è innegabile. Bollare questo come "manovre dell'imperialismo nordamericano" è risibile, anche se ovviamente c'è un interesse di vari attori a livello internazionale per destabilizzare il governo venezuelano. E l'opposizione contro il presidente Maduro è oggi monopolizzata dai settori più duri e fautori dello scontro. 

31 maggio 2017 - Diamo spazio ad un appello circolato negli ultimi giorni sul gravissimo tema della violenza sempre maggiore registrata in Venezuela, perché ci sembra sia un importante sforzo per mettere al centro una via d'uscita pacifica alla crisi, superando la volontà di arrivare allo scontro totale che sembra aver guadagnato forza sia nello schieramento governativo che nel movimento di opposizione.


Guardare al Venezuela, andando oltre la polarizzazione.

Con il presente appello, come docenti, intellettuali e attivisti sociali vogliamo manifestare la nostra profonda preoccupazione davanti alla incontrollata situazione di violenza politica e sociale che attraversa il Venezuela, che si è tradotta in più di cinquanta morti, centinaia di persone ferite ed altrettante arrestate e messe a disposizioni di tribunali militari.

Non dubitiamo certo che la situazione di violenza in cui si trova il Venezuela ha origini complesse e  con responsabilità condivise, nel quadro di una polarizzazione politica ogni volta più virulenta e uno scenario di disintegrazione del tessuto sociale. In questo senso, il conflitto venezuelano presenta differenti sfaccettature.

Da un lato, vi è un governo sempre più delegittimato, con significativi tratti autoritari. Questa dinamica si è avviata con il non-riconoscimento da parte dell’esecutivo, delle altre sfere del potere (l’assemblea legislativa), dove l’opposizione possiede oggi la maggioranza parlamentare generata dal trionfo nelle elezioni del dicembre 2015. Questa situazione si è andata complicando esponenzialmente con il blocco e il rinvio del referendum revocatorio –uno strumento di democrazia introdotto proprio dalla Costituzione voluta da Chávez-  e il rinvio delle elezioni per il governatore dell’anno passato, per arrivare poi al fallito ‘auto-golpe’dell’Esecutivo. A questo si somma la recente convocazione con modalità chiaramente incostituzionali di una Assemblea Costituente, passo che è lontano dal risolvere la crisi, ma al contrario la alimenta in quanto fa emergere il tentativo di consolidare un regime autoritario, in un contesto di enorme crisi sociale ed economica (carenza di alimenti, medicinale ed altri beni).
Detto questo, non crediamo –come affermano certi settori della sinistra latinoamericana- che si tratti oggi di difendere un “governo popolare anti-imperialista”. Questo appoggio incondizionato  di alcuni attivisti e intellettuali non solo rivela la cecità ideologica, ma ancor più è negativo perché contribuisce purtroppo a consolidare un regime autoritario. L’affermazione del cambiamento, anche nella critica al capitalismo, non può procedere insieme a progetti antidemocratici, che possono in ultima istanza giustificare un intervento esterno ‘in nome della democrazia’.   Dal nostro punto di vista, la difesa contro ogni ingerenza straniera in Venezuela deve basarsi su maggior democrazia, non su maggiori dosi di autoritarismo.
Dall’altro lato, come intellettuali di sinistra, consociamo la geopolitica regionale e globale. E’ chiaro che esistono settori estremisti dell’opposizione (che è in quanto tale molto ampia ed eterogenea) i quali ricercano una conclusione violenta. Per questi gruppi si tratta di sterminare, una volta per tutte, l’immaginario popolare associato a idee così pericolose come l’organizzazione popolare, la democrazia partecipativa, la trasformazione profonda della società a favore del mondo subalterno. Questi gruppi più estremi della destra hanno potuto contare, per lo meno dal colpo di stato del  2002, con l’appoggio politico e finanziario del Dipartimento di stato statunitense.

Come cittadini latinoamericani e di altri paesi, sosteniamo un doppio impegno. Da un lato, un impegno con la democrazia, e cioè con la democrazia partecipativa, che implica elezioni periodiche, cittadini nelle piazze e ampliamento degli spazi pubblici per la presa collettiva e comunitaria di decisioni; con una democrazia ugualitaria, cosa che porta ad un ampliamento della frontiera dei diritti, verso una società più giusta.

Dall’altro lato, abbiamo un impegno verso i diritti umani,  che pone una base minima e non-negoziabile di rispetto reciproco, che impedisce la tortura, l’uccisione dell’oppositore, la soluzione dei nostri conflitti mediante la violenza.

In questo senso, crediamo che il principale responsabile della situazione in Venezuela sia –per il suo ruolo di garante dei diritti fondamentali- lo Stato, in mano alle attuali autorità di governo. Ma, come già abbiamo detto, è fondamentale collocarsi al di sopra di queste polarizzazioni e cercare le vie del dialogo di un altro dialogo politico e sociale, che offra uno spazio a quei settori che oggi vogliono uscire da questa impasse catastrofica e collocarsi al di fuori da ogni soluzione violenta. Per questa ragione,  ci manifestiamo solidali con una recente chiamata al dialogo democratico e plurale, che includa le differenti voci, non esclusivamente quella dei settori polarizzati del campo governativo e di opposizione; questo appello è stato lanciato da settori autoconvocati del Venezuela, tra loro dirigenti politici, accademici, attivisti sociali e organizzazioni sociali e politiche di livello nazionale, ex-ministri dei governi di Chávez ed ex-dirigenti di settori dell’opposizione, attivisti per i diritti umani, comunitari, sindacali e politici.
Convochiamo alla costituzione urgente di un Comitato internazionale per la pace in Venezuela, per fermare questa escalation di violenza istituzionale e di strada. Crediamo e sosteniamo, da sinistra, che un altro dialogo è possibile in Venezuela, al di là della polarizzazione e della violenza.
Le vie d’uscita a queste crisi sono sempre lunghe e tortuose, ma richiedono più democrazia e non meno. Questo processo si potrà concretizzare solo attraverso la strada de rispetto dei diritti umani, così come dell’autodeterminazione del popolo venezuelano.

Prime firme:

Alberto Acosta, economista, ex presidente della Asamblea Constituyente, Ecuador

Maristella Svampa, sociologa e scrittrice, ricercatrice del Conicet, Argentina.
Roberto Gargarella, avvocato costituzionalista, ricercatore del Conicet, Argentina.
Carlos Altamirano, storico, saggista, professore dell’università UNQUI, Argentina.
José Nun, avvocato e politologo, Presidente della Fundación de Altos Estudios Sociales, Argentina
Chico Whitaker, Brasil, co-fondatore del Forum Sociale Mondiale, Premio Nobel Alternativo del 2006
Raúl Prada, coordinatore di Pluriversidad Oikologías, membro di Comuna, Bolivia.
Raphael Hoetmer, Olanda/Perù
Enrique Viale, avvocato ambientalista, Argentina.
Beatriz Sarlo, saggista, scrittrice, Argentina
Carlos Walter Porto-Gonçalves – Brasile
Miguel Alonso Arconada García, ingegnere geologo, Universidad de los Andes, Venezuela
Catherine Walsh, Universidad Andina, Ecuador.
Pablo Alabarces, sociologo, Universidad de Buenos Aires, Argentina
Horacio Machado Aráoz, ricercatore del Conicet e docente dell’ Universidad Nacional de Catamarca, Argentina
Massimo Modonesi, storico, UNAM, México
Adrian Gorelik, architetto, Universidad Nacional de Quilmes, Argentina
Patricia Zangaro, drammaturga, Argentina
Ruben Lo Vuolo, economista, CIEPP, Argentina
Samuel Farber, professore emerito di scienze politiche, Brooklyn College dell’ Universidad de la Ciudad de Nueva York (CUNY), U.S.A.
José Miguel Onaindia, avvocato, gestore culturale, Uruguay-Argentina
Julio Aguirre, politologo, Universidad Nacional de Cuyo, Argentina
Patricia Pintos, geografa, Universidad Nacional de La Plata, Argentina
Osvaldo Acervo, politologo, Argentina.
Marcelo Plana, ingegnere, Argentina
Dr. Alex Ricardo Caldera Ortega, direttore della divisione di scienze sociali e umanità, Campus León de la Universidad de Guanajuato, Messico
Rafael Rojas, Centro de Investigación y Docencia Económicas -CIDE, México
María Eugenia Borsani, Universidad Nacional del Comahue, direttrice del CEAPEDI, Argentina.
Daniel Chávez (Uruguay), Transnacional Institute (Amsterdam)
Elizabeth Peredo Beltran - psicologa sociale, ricercatrice ed attivista, Bolivia
Darío Lagos, psichiatra, Eatip, Argentina
Ana Sarchioni, politologa, Argentina.
Jorge Jabkowsky, medico, Colectivo Andrés Carrasco, Argentina
Vera Carnovale, CeDInCI/UNSAM-CONICET, Argentina
María Suárez Luque, scuola di educazione, Universidad Central de Venezuela
Gilles Bataillon, Ecoles des Hautes Etudes en Sciences Sociales, Francia