Tanzania: addio alle piantagioni OGM
Pochi giorni fa, la Tanzania ha deciso di fermare e distruggere immediatamente tutte le sperimentazioni sul campo di colture geneticamente modificate. Uno smacco importante soprattutto per il programma portato avanti da Monsanto, Gates Foundation e Istituto di Ricerca Agricola tanzaniano (TARI) sul mais OGM.
4 dicembre 2018 - Lo scorso 21 novembre, un annuncio dal Ministero dell'Agricoltura, dell'Allevamento e della Pesca ha dato una svolta decisiva al futuro dell'agricoltura in Tanzania: il Governo ha deciso di fermare e distruggere immediatamente tutte le sperimentazioni sul campo di piantagioni OGM. Uno smacco rilevante per chi portava avanti questo tipo di coltivazioni nel Paese, ed in particolare per tutte le prove sul campo realizzate attraverso il programma congiunto di Monsanto, Gates Foundation e istituto tanzaniano per la ricerca agricola (Tanzania Agricolture Research Institute, TARI), che riguardavano soprattutto mais geneticamente modificato, e che rappresentavano la gran parte delle colture OGM in Tanzania.
Le attività di lobbying da parte del TARI sono risultate "eccessive" per il Ministero, che ha anche denunciato la strumentalizzazione da parte di alcuni ricercatori pro-OGM di piccoli contadini "poveri ed affamati". Inoltre, il programma portato avanti da Monsanto, Gates Foundation e TARI sta cercando di modificare le leggi attualmente vigenti in Tanzania, basate sulla "stretta responsabilità", ovvero sul fatto che chiunque introduca OGM nell'ambiente è direttamente responsabile di qualsiasi danno venga provocato.
La società civile si è felicitata per questa decisione del Ministero: "Invece di spendere enormi quantità delle scarse risorse pubbliche su tecnologie geneticamente modificate difettose e screditate, dovremmo concentrarci sul rafforzamento delle istituzioni di ricerca esistenti e sostenere la ricerca partecipativa degli agricoltori sui sistemi di semi per rafforzare sementi, cibo e sovranità nazionale" ha affermato Sabrina Masinjila, del
Centre africain pour la biodiversité.
(qui l'articolo originale di Inf'OGM)
Foto: Anne Wangalachi/CIMMYT