Land Grabbing, Romania: bye-bye contadini?
13 luglio 2016 - Che La terra in Romania sia in vendita non è una novità. E’ dalla caduta del regime di Ceaușescu che la corsa a quello che è considerato da molti l’humus più fertile d’Europa è iniziata, anche se poi l’improvvisa e pericolosa impennata ha avuto luogo a partire dal 2000.
Quello che stupisce, però, è che digitando sui motori di ricerca parole chiave come “agricoltura Romania” o “terra Romania”, si aprono molti siti di società che si occupano di consulenza o di intermediazione per la vendita delle terra in questa parte del Continente.
E’ il segnale che la corsa a questa risorsa è ancora nel pieno del suo svolgimento e, questo, nonostante l’età d’oro degli acquisti per ettaro a poche manciate di lire sia - quella sì -ormai tramontata. L’Italia, poi, è tra i maggiori investitori in questa parte dell’Est Europa. Secondo l’ufficio Ice di Bucarest, sarebbe di proprietà italiana circa il 3,1 % della terra coltivata romena. Un giro d’affari che si estende su oltre 300.000 ettari.
C’ò che non si ravvisa, però, dalle fotografie fornite dagli Istituti statistici in questo accaparramento sono i vantaggi che questa grande svendita crea per la popolazione residente. Vantaggi che paiono assolutamente irrisori.
Un recente articolo di Sara Parolfi, apparso su Pagina 99, dal titolo “Il futuro rumeno è una terra italiana”, approfondisce questo tema riportando le parole di alcuni imprenditori bresciani oggi di stanza in Romania: “Nessun paese ha venduto le terre come la Romania, nemmeno l’Africa. È stata un’occasione unica al mondo. Nella prima ondata sono venuti tutti a fare speculazione, compravano e rivendevano, poi lentamente sono iniziati ad arrivare imprenditori più strutturati, tedeschi, danesi, e tantissimi italiani. Cinquanta, centomila delle vecchie lire: tanto costava un ettaro di terra. Un Eldorado”.
Ma poi la Mecca del land grabbing (anche se sui generis perché qui difficilmente si parla di espropri) ha dovuto scontrarsi contro la grande frammentazione burocratica e l’incertezza relativa alle certificazioni fondiarie a seguito del caos prodotto dalla de-collettivizzazione del dopo regime. Al caos della proliferazione di certificati multipli (o inesistenti) per la stessa parcella di terra si è unita, poi, la speculazione che ha fatto levitare i prezzi.
La concentrazione delle risorse fondiarie, qui, ha raggiunto livelli parossistici specie in una società che vanta storicamente una vocazione agricola. Secondo l’Istituto Nazionale statistico rumeno, tra il 2002 e il 2010, 150 mila piccole aziende agricole sono scomparse mentre quelle grandi sono aumentate del 3 per cento anche con il beneplacito dell’Unione Europea. Sostiene una ricerca del Transnational institute del 2013, infatti, che i sussidi sono stati elargiti per lo più alle grandi estensioni di terreno, coprendo pressoché integralmente il costo di acquisto o di affitto dei terreni. Intanto, mentre l’Europarlamento ha annunciato un’investigazione sul tema della concentrazione delle terre nei Paesi dell’Est Europa, conscia dei rischi legati a questo tema, la corsa prosegue bloccando lo sviluppo dell’economia e dell’agricoltura locale.
Un'evidenza dei fatti che sottolinea, ancora una volta, l'importanza di eventi come il Secondo Forum di Nyéléni Europa che si svolgerà, lungimirantemente, a fine ottobre proprio nell'area a maggiore vocazione agricola della Romania: la Transilvania.
Per sapere di più sul land grabbing in Europa è possibile scaricare il rapporto "Land grabbing and human rights: The involvement of European corporates and financial entities in land grabbing outside the European Union".
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