Rifiuti che generano dignità: riflessioni sul progetto "briquettes" con le donne di Nairobi

29 settembre 2015 - Terra Nuova ha iniziato quest’anno a sostenere dei gruppi di donne degli ‘slum’ di Nairobi, che vivono in zone di povertà e degrado, dove il panorama è dominato dai rifiuti e la gente si sente anch’essa  qualcosa di abbandonato, di rifiutato. Stiamo lavorando per insegnare a produrre dei mattoncini chiamati ‘brichette’, essiccando e pressando i rifiuti organici. In tal modo, si genera reddito per le donne, si riduce la combustione di legno per cucinare e quindi si riduce la deforestazione, ma soprattutto si genera DIGNITA’.

Ad oggi, sono già stati realizzati dei corsi di formazione nei seguenti quartieri di Nairobi: Westlands, Dagoretti, Kasarani, Embakasi. In questo mese di settembre 2015 è iniziato anche un corso a Starehe. Per ogni corso di formazione, vengono identificate 20 donne che per interesse, determinazione, necessità, restano nel progetto e sono organizzate in due gruppi di 10 ciascuno. Ad ogni gruppo si consegna una pressa manuale. I primi gruppi stanno già producendo ed ottenendo i primi introiti.

Riportiamo qui di seguito un’intervista realizzata da Lucy Wood (focal point di Terra Nuova per l’Africa Orientale) a Ruth Githaiga (dell’associazione Alfastar Kenya), che si occupa di coordinare le donne del progetto, e una breve riflessione sempre di Lucy Wood in seguito ad una visita al progetto.

 

Intervista a Ruth Githaiga (dell’associazione Alfastar Kenya) di Lucy Wood

L. : Ruth, cosa ti dà la motivazione per lavorare insieme alle donne degli slum di Nairobi?

R. : La maggior parte di queste donne è vittima della violenza di genere e della discriminazione da parte di genitori, fratelli e/o mariti. La maggior parte non ha ricevuto un’educazione sufficiente per permettersi un buon lavoro, per essere indipendente economicamente e garantire alla famiglia una vita dignitosa. Sono costrette a sposarsi precocemente – forzate direttamente dalle loro famiglie (padri, fratelli) o indirettamente a causa della loro scarsa opportunità di autonomia nella vita. Hanno più figli di quelli che potrebbero permettersi e si trovano sulla “strada sbagliata” – senza identità e senza futuro.

In particolare in Westlands, le donne vengono discriminate per cause legate al loro stato di salute. Molte di queste donne hanno contratto il virus dell’HIV o l’AIDS, anche se vivono nella negazione della loro condizione e si accusano a vicenda per il loro status. Io ho incontrato queste donne attraverso il “Children’s Department Office”, l’ufficio governativo dedicato ai bambini, dove esse partecipano ad un programma per orfani e bambini vulnerabili. Ricevono dei fondi dal programma, ma non sono sufficienti per sopravvivere, e per questo le ho incoraggiate a partecipare al progetto delle brichette, perché Alfastar (l’associazione keniota a cui appartiene Ruth) ritiene che sia importante migliorare le competenze di base di queste donne, per aiutarle al meglio.

Un punto importante del progetto è quello di creare un rapporto con ogni donna in modo da capire che tipo di persona è, aiutarla ad identificarsi e a superare la sua insicurezza. Non troverai mai un posto nella vita se non ami te stesso, se sei insicuro e se non hai un’identità. La maggior parte di queste donne lavora sodo, ma ha perso fiducia nella vita perché non sa come gestire le situazioni in cui si trova.

Cosa mi dà la motivazione? – il fatto che sono stata anche io una vittima di questi problemi. Capisco veramente cosa significa non avere un’educazione vera e propria, e come ci si sente quando si viene discriminate dalla propria famiglia. Io sono una di loro.

L.:Ora che hai quasi finito la formazione di questi gruppi di donne, pensi che siano pronte a continuare questo tipo di lavoro?

R.: Questi gruppi sono pronti a lavorare, ma non sono pronti a stare da soli. Quando il progetto finirà, continuerò a sostenerli per un po’ di tempo per essere sicura che siano sufficientemente autonomi per continuare. Le donne ora sanno cosa devono fare, sanno come costruire le ‘brichette’, però le condizioni in cui lavorano e la violenza a cui sono sottoposte frequentemente implicano tempo e sostegno per affermarsi veramente.

L.: Come puoi aiutarli maggiormente?

R.: Alfastar deve rimanere – per adesso - con loro perché da soli i gruppi potrebbero non reggere. Io le incoraggio a provare a vendere il loro prodotto per sé stesse e si sono rese conto che è difficile. Nelle loro condizioni sarà difficile trovare un mercato costante. Visto che non sono finanziariamente libere, lasciarle a  questo punto significherebbe che non sarebbero in grado di gestire le poche risorse che hanno; vorrebbe dire la fine del progetto. Ma la cosa più devastante sarebbe rovinare ancora una volta le speranze di queste donne.  Il progetto, i gruppi, il fatto di appartenere a qualcosa e le discussioni, hanno dato forza alle donne, anche soltanto una parte minima. Per aiutarle, sto pensando ad un business plan per il futuro. Vorrei introdurre queste donne al micro-crediting, che è un meccanismo di auto-sostengo abbastanza comune. Voglio introdurle a un sistema di assicurazione sanitaria perché Alfastar significa non solo la creazione di posti di lavoro e imprenditorialità, ma anche salute e istruzione. Se hanno una buona assicurazione sanitaria, allora uno dei loro problemi maggiori – e sicuramente quello che consuma maggiormente le loro risorse – sarà risolto. L’idea è di assicurarle attraverso il Fondo Nazionale di Assicurazione Sanitaria (NHIF) al costo di 3 euro al mese. Ci metteranno un po’ per avere abbastanza risparmi, però quando ci riusciranno, potranno pagare le loro spese mediche. I gruppi devono aumentare la produzione in modo che Alfastar possa assicurare un mercato stabile, che assicurerà un reddito fisso per le donne. Al momento stanno lavorando bene però devono essere più costanti. La vita non sempre lo permette. Per affiancare e complementare la produzione delle brichette, stiamo iniziando a insegnare alle donne a fare le stufe e i loro rivestimenti. Questi vanno di pari passo con le brichette e sono facili da fare e ciò contribuirà ad aumentare il loro reddito. Ci sono molti modi per aiutare le donne, però è molto importante pensare a modi realistici e sostenibili nelle loro vite.


Una riflessione dopo una visita al gruppo Embakasi all’inizio della loro formazione (a luglio 2015) e una visita al gruppo di Dagoretti durante un giorno qualsiasi di preparazione di brichette (ad agosto 2015) di  Lucy Wood (Terra nuova)

Passare il tempo con Ruth porta sempre a riflettere. Iniziando la sessione di formazione del gruppo di Embakasi, ho trovato Ruth che discuteva sui modelli di comportamento e su come le persone rispondono in modi diversi alle situazioni e alle provocazioni. Mi sono chiesta se ero nel posto giusto, anche vedendo Ruth con il gruppo. Che cosa stava facendo? Per formare i gruppi, Ruth ritiene che sia meglio mettere le persone simili insieme. Lavora maggiormente con quattro tipi di personalità diverse, e per non renderla una cosa troppo personale, rappresenta questi tipi con diversi animali. C’è la personalità dominante – un “simba” (leone), il convincente “swara” (gazzelle), lo stabile “twiga” (giraffe), e il compiacente “kiboko”(ippopotamo). Ogni personalità ha aspetti buoni e cattivi, però Ruth insiste che è meglio avere un gruppo formato da un solo tipo di personalità per evitare litigi.

Per massimizzare il rendimento del gruppo, passa del tempo ad ascoltare le persone per capire in che cosa hanno difficoltà e in che cosa si trovano a proprio agio, e aiutandole con le loro sfide. Il tempo che passa con le donne, prima in gruppi e poi singolarmente, aiuta molto. Visitando Dagoretti ho visto come i gruppi si fidano di Ruth. Una donna ha descritto come è stata picchiata dal marito quando ha scoperto che lavorava facendo brichette perché diceva che il fatto che la moglie guadagnasse era un problema. Pensava che lei poi si sarebbe sentita superiore a lui e più importante, e invece di incoraggiarla ad aiutare la situazione della famiglia, l’ha picchiata. Ruth ha parlato con il marito più volte, e finalmente ha visto la parte positiva. Il giorno della visita, c’erano sette donne che lavoravano, raccontando storie e aiutandosi a vicenda con i due bambini presenti. L'atmosfera era piena di allegria e di sostegno. Le donne erano unite.

Ruth non smette mai di pensare a come mantenere il sostegno dei gruppi. La sua preoccupazione in questo momento è che hanno bisogno di un supporto continuo per affermare il loro business e quindi sta introducendo la produzione di forni e i loro rivestimenti che le donne possono fare e vendere per integrare il loro reddito. Al momento le donne guadagnano circa Ksh 1500-2000 (per mese) (euro 15-20) mentre l’obiettivo è di arrivare a Ksh 4500 per mese (euro 45). Mentre per noi è molto poco, ci potresti andare in pizzeria, questa somma per le donne è significativa perché prima non guadagnavano proprio niente.

L'importanza di un piccolo progetto come questo diventa evidente quando si passa del tempo con le donne. La loro vita è così difficile (e la mia presenza in Embakasi ha creato problemi per Ruth, perché le aspettative sono aumentate quando hanno visto una straniera), ma insieme al contributo finanziario essenziale al reddito familiare, viene un grande sostegno psicologico legato al sentimento di appartenere a qualcosa. Per le donne che sono state vittime di tale violenza, questo sentimento cambia la loro vita.