Razzismo: Emmanuel, ucciso per difendere la moglie

7 luglio 2016La verità è che siamo una società violenta. La verità è che non passa giorno senza che qualche fatto di cronaca ci sconvolga. La verità, amara, è che nulla ci tange a patto che non interferisca con le nostre piccole vite.

Personalmente rifuggo la cronaca, la salto a piè pari nei giornali. Ma non sempre è possibile e non sempre è giusto. Specie in questi giorni in cui essa con il suo strascico luttuoso ci travolge tutti. Ma quello che è successo a Fermo, due giorni fa, adombra ognuno di noi perché è la misura di quello che siamo diventati come popolo. L’indifferenza e il sospetto nei confronti degli altri che ci auto stampiamo sulla fronte sono il nostro marchio di Caino condiviso.

Un uomo con sua moglie, in fuga da Boko Haram - che aveva massacrato la loro figlioletta e i loro genitori in Nigeria - cerca il riscatto in una piccola località marchigiana, perché la fuga per essere reale deve essere consumata lontano, nella speranza che anche i fantasmi rimangano entro confini certi. Invece, Emmanuel Chidi Namdi, di 36 anni, è morto per difendere la sua compagna da insulti razzisti. E’ morto sotto il colpo dei calci e dei pugni inflitti da uno stupido ultrà di Fermo. Il mondo sognato insieme a Chinyery, la sua compagna, è scoppiato in una bolla di sangue senza essersi mai schiuso.

 “Si comincia a morire quando si comincia a tacere sulle cose che realmente contano” sosteneva Marthin Luther King. Chi dà ascolto a furie razziste, chi accetta insulti razzisti per strada senza sentirsi profondamente e individualmente colpito nell’anima ha già cominciato a morire. E con lui sta trascinando intere società. La morte per razzismo, qualunque razzismo, uccide ognuno di noi. Dilania interi popoli. 

Foto | @ilpost