Prossime elezioni in El Salvador, tra astensionismo, migrazioni e "desencanto"

Anche El Salvador sarà al vaglio delle elezioni per 262 consigli municipali il prossimo 4 marzo. In un Paese dove le disuguaglianze sociali, un'economia poco diversificata che non offre occupazione e la fortissima violenza sociale sono problemi più che reali, la disaffezione politica della popolazione è un fenomeno crescente. Occorre puntare sempre di più sugli spazi locali e i municipi per portare avanti una diversa gestione dei territori e rianimare la partecipazione politica e sociale.

6 febbraio 2018 - Lo stesso giorno in cui gli italiani e le italiane si recheranno alle urne per eleggere i rappresentanti nelle due camere del Parlamento, ossia il prossimo 4 marzo, gli aventi diritto al voto in El Salvador si esprimeranno per rinnovare 262 consigli municipali. Si tratta di un importante test elettorale per il piccolo stato del Centro America, dopo tre anni di gestione del presidente della Repubblica Salvador Sánchez Cerén, del partito Frente Farabundo Martí de Liberación Nacional (FMLN, progressista). Ma è dal 2009 che l’FMLN  governa il Paese, con grandi speranze iniziali ed una crescente disaffezione negli ultimi anni: restano grandi le diseguaglianze sociali, i problemi di un’economia strutturalmente poco diversificata che non offre ai giovani occupazione, reddito, futuro; e resta un problema di violenza sociale in un Paese segnato ancora da una guerra civile crudele che negli anni Ottanta del secolo scorso significò 75mila vittime in dodici anni in una nazione di cinque milioni di abitanti. Come ha sottolineato l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Zeid Ra’ad Al Hussein, concludendo una recente visita al paese, la violazione dei diritti umani permane un problema centrale, nonostante grandi progressi.

In Salvador come in Italia l’astensionismo e i voti nulli si stanno imponendo come un ‘partito’ in crescita.

La pesante eredità del conflitto armato, conclusosi con un accordo di pace nel 1992, ha significato anche cristallizzare fino ad oggi lo scontro che precedentemente era armato, in una battaglia politica dove grossomodo gli avversari si riconoscevano in due campi e due partiti precisi: i settori civico-militari nel partito ARENA e gli ex-guerriglieri nell’FMLN. Il bipartitismo ha retto in qualche modo fino a pochi anni fa, con un ventennio di maggioranze parlamentari, e quindi di governi, di ARENA e poi come detto dal 2009 passando la mano al FMLN. Più articolata la mappa delle amministrazioni municipali, dove alcuni partiti minori già da alcuni anni si sono affermati in territori circoscritti, ma la ‘geografia politica’ a livello locale resta ancora fortemente segnata dalla storia recente: là dove le basi della guerriglia erano forti negli anni Ottanta, resta un consenso intorno ai candidati del Frente, e viceversa. Interessante dunque l’esito delle votazioni di marzo, preludio delle elezioni politiche e presidenziali del febbraio 2019, anche se nelle votazioni amministrative di quest’anno non sarà ancora possibile misurare precisamente la capacità di aggregazione di alcuni leaders emergenti che si stanno profilando in rottura con l’assetto bipartitico e con crescenti capacità di richiamo: Najib Bukele (ex-sindaco della capitale San Salvador, resosi indipendente dal FMLN), Johnny Wright (anch’egli dissidente del Frente), Juan Valiente (fuoriuscito da ARENA). Si diversifica l’offerta politica, quindi, cosa che di per sé non significa molto se le ricette per risolvere i problemi restano astratte o inefficaci a fronte della gravità della situazione. Più di 2 milioni e mezzo di salvadoregni (di cui due milioni, solo negli USA) sono emigrati e vivono fuori dal loro Paese, che significa che il 42% della popolazione ha abbandonato le proprie case ed è andata all’estero. Questa popolazione migrante contribuisce con il 17,1 % del Prodotto Interno Lordo del Salvador (nel 2017 le rimesse hanno raggiunto la cifra record di 4.567.000 us$, trecento milioni in più dell’anno precedente), ma solo in minima parte riesce ad esercitare il diritto al voto, nonostante la legge salvadoregna lo preveda. Infatti, molti migranti sono in situazione irregolare nel Paese di accoglienza e quindi non possono andare a registrarsi in Ambasciata, e un’altra parte non riceve a tempo la documentazione. Quindi esiste un problema di fondo nella democrazia rappresentativa se tra astensionismo, migrazione e ‘desencanto’, le alternative politiche raccolgono sempre meno consenso ed entusiasmo. Forse la vera soluzione sono gli spazi locali, i municipi dove una gestione diversa dello sviluppo territoriale può generare mobilitazione e vera partecipazione.