Play for Peace: quando il gioco vince i conflitti e le paure
Sembra incredibile, ma davvero giocare insieme può far cadere barriere che generano conflitti e può farci sentire in armonia con gli altri. Anche da adulti.
È da questi presupposti che nasce “Play for Peace”, una vera e propria comunità di persone che, attraverso il gioco cooperativo e il divertimento, forma leader in tutto il mondo che credono nella Pace e intendono costruirla.
Il 3 e 4 settembre, a Modena, abbiamo giocato con due mentor di "Play for Peace" in Italia, dell’associazione Wonderland associata a Janua Forum di Genova. La due giorni, organizzata nell’ambito del progetto “Nuove Narrazioni per la Cooperazione” cofinanziato dall'Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), ci ha permesso di incontrare diverse realtà del modenese impegnate sui temi della non violenza, della cooperazione e dell’accoglienza.
Il primo giorno è stato dedicato a una presentazione generale dei principi e degli obiettivi di “Play for Peace” ad associazioni e movimento del territorio (Movimento Non Violento, CEIS, Operazione Colomba e molte altre). In una sorta di grande gioco di squadra, ci siamo confrontati e li abbiamo definiti, per poi vederli applicati nei giochi stessi, a cui abbiamo tutti partecipato. Già dopo la prima giornata era evidente a tutti che questa “metodologia” di approccio con l’altro avesse enormi potenzialità. Cosa confermata nella seconda giornata.
Ospiti di una struttura gestita dal CEIS che ospita e accoglie una comunità di Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA), abbiamo passato 2 ore intere a giocare con i ragazzi, a conoscerli e conoscerci reciprocamente. Se all’inizio ci si guardava con diffidenza, aspettando a ogni gesto l’exploit del bullo di turno o qualche altro intoppo legato alle incomprensioni linguistiche, a metà attività si rideva di gusto tutti insieme, i timori erano scomparsi e la “compassion”, alla base dei valori di "Play for Peace" era comparsa negli occhi di tutti.
I giochi cooperativi non hanno solo fatto incontrare noi “adulti” con i ragazzi: hanno anche permesso ai ragazzi, di diverse provenienze e culture (albanesi, marocchini, egiziani, pakistani) e spesso in conflitto fra loro anche all’interno della comunità stessa, di divertirsi, abbandonare tutti i risentimenti e la rabbia e tornare un po’ bambini.
Chiaramente i risultati duraturi della metodologia “Play for Peace” sono maggiormente visibili a lungo termine, sarebbe cioè necessario portare avanti le attività più volte al mese per determinati periodi di tempo. È per questo che, a entrambe le sessioni, hanno partecipato operatori del CEIS, che hanno apprezzato molto l’attività e con cui si sta valutando di proseguire il progetto.
Foto: Roberto Brancolini