Piccola scala: la ricetta per la sovranità alimentare di un pastore maliano

19 maggio 2016 - Cambiamento climatico, land e water grabbing stanno indebolendo il tessuto agricolo del Mali, fragilizzando e rendendo sempre più insicuro il Paese, eppure vie di fuga e di salvezza esistono e sono legate all’agricoltura di piccola scala. Lo sostiene Ousmane Barké Diallo, allevatore maliano nella regione di Mopti, intervistato da Mondafrique. In effetti, migrazione, insicurezza alimentare e la pressione cui sono sottoposte le risorse disponibili a causa del riscaldamento globale sono fenomeni tra loro intimamente legati che aggravano i conflitti, rafforzando le disuguaglianze.

Da oltre 40 anni Ousmane Barké Diallo è un pastore. Per nutrire se stesso e la propria famiglia coltiva anche un piccolo terreno, che gli basta. Ma il cambiamento climatico lo vive sulla propria pelle: “A metà degli anni 70 abbiamo cominciato a riscontrare stranezze nei fenomeni metereologici. Grandi crisi di siccità tra il 1973 e  il 1975, poi di nuovo nel 1984-85. Inoltre, prima la stagione delle piogge terminava a settembre, oggi arriva a ottobre, qualche volta anche a novembre. Le precipitazioni sono molto più abbondanti di due o tre decenni fa. Inoltre, il calore della primavera si è fatto insopportabile, per noi e per le colture. Ovunque la polvere, oltre misura, ricopre i campi. I rendimenti agricoli si sono abbassati. Non riusciamo più prevedere nulla. granai non si riempiono e la minaccia di una carenza alimentare è sempre presente.”

 A questo, poi, si aggiunge dal 2000 un accaparramento delle risorse senza precedenti, specie lungo il percorso del Niger. In totale si stima siano occupati circa 800 000 ettari, oltre 8 000 km2, in un Paese in cui solo il 6% del territorio può essere coltivato. Il 12 % delle terre è così andato perduto in appena15 anni. Come se non bastasse, molte superfici destinate alla coltivazione dei cereali sono state invase dalle produzioni estensive di cotone, per foraggiare i mercati esteri.

« Uno dei nostri maggiori problemi è che lo stato non è in grado di resistere alla pressione delle grandi multinazionali o degli enti pubblici e privati stranieri (Banca Mondiale, FMI ; ...). Un esempio lapalissiano in tal senso è dato dagli APE con l’UE. Ma – e la mia esperienza ne è un esempio – l’agricoltura familiare è sufficiente a nutrire la popolazione. Oltre il 60% dei maliani e delle maliane è rurale. Dobbiamo essere sostenuti. Personalmente, per vendere quello che non riusciamo a consumare, mi affido a cooperative locali, che stoccano la produzione rivendendola a prezzi che vanno bene sia per i consumatori che per i venditori, evitando qualsiasi sistema d’intermediazione. Queste cooperative sono raggruppate nell’ambito della Coordination nationale des organisations paysannes (Cnop). Lo scopo è migliorare le condizioni di vita dei produttori agevolando l’autosufficienza alimentare nell’ambito di un’agricoltura contadina familiare, di piccola scala e multifunzionale.  

Dalla nostra parte, c’è una norma che è quanto mai urgente applicare. Dal 2006, infatti, esiste una Legge di orientamento agricolo - Loi d’orientation agricole (LOA) - che dà la priorità all’agricoltura di piccola scala e all'allevamento di razze locali, non all’esportazione, per il raggiungimento della sovranità alimentare".

Non occorre che applicarla, dunque!