Perù: proseguono i reati contro le foreste e le comunità indigene
15 marzo 2016 - La deforestazione, legata per lo più ad attività di tipo estrattivo o a forme di agricoltura e allevamento intensivi, è diffusa in maniera preoccupante in tutta l’America Latina. Solo nel 2015, in Perù, sarebbero andati perduti circa 158 mila ettari di foresta: l'equivalente di circa 217 mila campi da calcio. Un valore infinito. In particolare, è di questi giorni una notizia che riguarda l’area amazzonico- peruviana di Loreto - Ucayali, in cui opera da molto tempo anche Terra Nuova. Alla fine di gennaio, infatti, l’imprenditore Dennis Melka, di cui 17 imprese sono impegnate nella zona per la produzione intensiva di palma da olio e cacao, è stato indagato per “reato contro le foreste”.
“Dal 2010 ad oggi almeno 5.750 ettari sono stati disboscati nel territorio ancestrale della nostra comunità", ha dichiarato Washington Bolivar della comunità nativa di Santa Clara, nel distretto di Nueva Requena, Ucayali, in un articolo apparso recentemente su Servindi e che riporta i dati di un recente rapporto di Convoca con Kene e Oxfam, secondo il quale le aziende di Melka avrebbero disboscato oltre 13.867 ettari di foresta primaria tra il 2013 e il 2015 nelle regioni di Loreyo e Ucayali. Inoltre, secondo Milagros Salazar, direttore di Convoca, il ricco uomo d’affari avrebbe ottenuto la terra senza mai passare per il palazzo della Cancelleria pur riuscendo a creare ben 25 aziende. Il tutto condito da raggiri, truffe e pressioni a danno dei contadini e delle popolazioni locali.
Pedro Cumapa, contadino di Tamshiyacu, Loreto, ad esempio, ha accusato di truffa una delle società di Melka che avrebbe acquistato terreni in cambio di risibili somme di denaro: "l'azienda ci ha fatto firmare un contratto con clausole che non abbiamo capito, offrendoci circa 5.000 soles per un terreno di 49 ettari”. Ma non è l’unica voce a denunciare simili brogli, né l’unica a segnalare pressioni o intimidazioni.
Juan Carlos Ruiz Molleda, avvocato dell’Instituto de Defensa Legal (IDL), pur affermando che la chiamata in giudizio del gruppo è un passo molto importante ribadisce che per poter davvero cambiare le cose è necessario osservare alla deforestazione come parte di un processo più profondo che ha come baricentro una certa tendenza alla “de-protezione delle terre dei popoli indigeni”.
Per risolvere la questione, insomma, è ancora una volta dalla tutela delle terre ancestrali attraverso forme di titolazione certe che occorre ripartire. A questo proposito, l’articolo su Servindi fa menzione della sentenza della Corte interamericana dei diritti umani relativamente al caso Awas Tingni (contro Nicaragua) nel quale si è ribadito molto chiaramente che in assenza di titoli, bisogna astenersi dal rilasciare qualsiasi licenza per estrazione mineraria o petrolifera, così da garantire la piena tutela e conservazione delle foreste.