Migranti: l'Europa dei muri
15 aprile 2016 - Idomeni è un villaggio di frontiera, al confine tra Macedonia e Grecia. O forse sarebbe meglio dire “era” un villaggio, perché oggi, più che altro, questa località è conosciuta come un immenso campo profughi, più simile a un lager - raccontano quanti ci sono passati – che a un rifugio. Un non-luogo sospeso tra la speranza di quello che pare un (im)possibile volo verso i paesi del Nord Europa e le macerie di ciò che resta di una vita in guerra.
Circa 10.000 persone sarebbero accampate lungo questo confine sigillato da reti e muraglie. Bloccate lungo la rotta balcanica tra Paesi che non li vogliono. In attesa che l’Europa faccia qualcosa o, più realisticamente, che i muri si sgretolino come, alla fine, succede sempre ad ogni muro. Solo che, per questo, ci vuole del tempo. Tempo, che le persone accampate forse non hanno.
Domenica scorsa, come quasi ogni giorno, centinaia di migranti hanno tentato di superare questa frontiera, ma la risposta è stata efferata: non solo usuali gas lacrimogeni (che, condotti dal vento nella tendopoli sono stati causa di svenimenti per alcune donne e bambini) o assordanti granate: alcuni operatori umanitari hanno parlato anche dell’uso di pallottole di gomma e di almeno trenta persone ferite in modo grave e ricoverate nell'ospedale di Kilkis. Le autorità di Skopje, ad oggi, negano. Tuttavia, le foto pubblicate nei giorni scorsi sui giornali sembrano sufficientemente eloquenti.
Intanto, l’UE sembra sempre più frammentata sulla questione migranti. Vienna contempla l’ipotesi di chiudere completamente il Brennero e annuncia la costruzione di una nuova barriera, al confine con l’Ungheria. Teme - e lo dichiara a gran voce - il dittico di un Tirolo trasformato in "sala d'attesa", in mancanza di un pugno sufficientemente duro da parte dell’Italia, e gli effetti di una tendopoli per rifugiati a Koermend, in Ungheria.
Berlino, invece, annuncia il raggiungimento di un'intesa per la prima "legge sull'integrazione" del Paese. Ma si rifiuta di rilasciare commenti sull’operato austriaco.
E, l'Italia? E’ di queste ore la notizia di una lettere del belpaese all’Unione Europea che ne invoca l’aiuto per affrontare al meglio l’esodo delle persone provenienti dalla Libia. Ieri, poi, il Presidente della Repubblica Sergio Matteraella, all'Italian German High Level Dialogue, a Torino, ha così commentato: "Le barriere che dividono l'Europa sono una zavorra che ne appesantisce il cammino. Sono lieto che il rappresentante della Commissione abbia pronunciato parole chiare su quanto sta avvenendo al Brennero. Tornare indietro da Schengen sarebbe un atto di autolesionismo, per tutti". Ha poi aggiunto: "Non basteranno i muri e le barriere a proteggerci se l'Europa non farà passi avanti come progetto comune. Abbiamo lavorato settant'anni per abbattere i muri che dividevano l'Europa: non lasciamo che rinascano, creando diffidenze e tensioni laddove, al contrario, servono coesione e fiducia".
Tuttavia, c’è sempre un’Europa che vale la pena raccontare ed è quella di Panagiota Vasileiadou. un’anziana nonnina di 82 anni che da quanto è scoppiata l’emergenza a Idomeni ha aperto le porte della sua casa alle famiglie di migranti e, in particolare, ai bambini in fuga. Non manca mai un pasto per loro, nonostante una pensione da 450 euro.
E, cosa forse quasi altrettanto importante, un abbraccio.
Fonte | UNHCR; ANSA
Foto | UNHCR