La salute dei migranti in Europa al d là degli stereotipi
La popolazione di migranti stranieri è significativa nel territorio dell’Unione Europea, con densità diverse da Paese a Paese, ma complessivamente con la presenza di uno straniero ogni dieci europei. Questa popolazione da un lato è particolarmente esposta a problemi di salute (per le condizioni di vita nei luoghi d’origine, per le condizioni del viaggio e purtroppo le vessazioni che spesso subiscono nel tragitto, per il trauma stesso del trovarsi in terra straniera), dall’altra frequentemente non ha accesso a servizi sanitari pertinenti o non conosce le modalità per usufruirne.
L’Organizzazione Mondiale della Salute - ufficio per l’Europa, ha realizzato uno studio sulle condizioni di salute e i determinanti sociali che lo influenzano, della popolazione migrante presente nel ‘Vecchio Continente’. Uno degli aspetti interessanti dello studio, è che vari stereotipi vengono smentiti. Sembra per esempio che in realtà la gran parte delle persone giungano in Europa in condizioni di salute migliori di quelle che sviluppano poi nel periodo successivo: sarebbero quindi le possibilità o meno di avere un tetto, un lavoro, un’alimentazione regolare e controlli medici o no, i determinanti che influiscono sul quadro socio-santario di queste persone, sostanzialmente con un suo peggioramento. Il ribaltamento rispetto al preconcetto ‘da bar’ che recita: «ci portano le malattie» è totale: sono in buona misura le condizioni di degrado, promiscuità, esclusione sociale dei migranti presenti in Europa che determinano una maggiore vulnerabilità a malattie trasmissibili come la tubercolosi, da sempre associata a povertà, malnutrizione, promiscuità e affollamento. Come segnala LILA news, il bollettino della Lega Italiana di Lotta all’AIDS, «gran parte dei rifugiati delle rifugiate e dei migranti hanno, ad esempio, un basso rischio di esposizione verso tutte le forme di cancro ad eccezione di quello cervicale. Tuttavia, la possibilità che le patologie oncologiche siano loro diagnosticate con forte ritardo rende l’esito delle relative terapie, generalmente, molto meno efficace.» Una operazione coraggiosa, questa dell’OMS.
Per accedere al report di OMS (in inglese):