La pastorizia: risposta antica ai problemi del futuro

27 novembre 2012 - Molto spesso l’analisi dei singoli progetti ci induce a perdere d’occhio quello che è il logico filo conduttore, o continuum, che sottende le varie iniziative e attività che ineriscono a una medesima area tematica. Qui, Terra Nuova si propone di raccontare il lungo processo che lega molte delle sue attività al valore economico, sociale ed ecologico della pastorizia, un tipo di economia rurale in cui il legame tra ambiente, essere umano e animali è particolarmente evidente.

Per secoli, anche  nelle aree più aride del pianeta, essa ha rappresentato la possibilità di far fronte ai capricci del tempo dando contemporaneamente slancio alla biodiversità animale, vegetale e alla diversificazione delle produzioni. In questa attività l’uso del territorio è estremamente razionale ed efficiente. La mobilità stagionale del bestiame, ad esempio, è una strategia grazie alla quale è sempre stato possibile affrontare variabilità ambientale, siccità e cambiamenti climatici alleviando, in questo modo, la povertà di molte popolazioni.

Eppure, questo settore attraversa una crisi profonda, generata da un mercato che punta all’omologazione e alla concentrazione dei terreni agricoli di vaste dimensioni che tagliano e fermano il terreno utile al pascolo. In Africa, soprattutto, i cambiamenti climatici, il land grabbing, la negazione dl diritto di accesso alle risorse e al mercato rischiano di mettere in ginocchio un sistema millenario.

Terra Nuova ritiene che la pastorizia ricopra un ruolo estremamente importante nell’economia e che, se coniugata al rispetto dell’ambiente e degli animali, possa essere di aiuto nella lotta globale alla povertà e ai cambiamenti climatici.

La Somalia

La Somalia, ad esempio, è il primo esportatore al mondo di animali vivi. La popolazione impegnata in questo settore sfiora il 70% del totale. Eppure, dal 1991, data d’inizio della guerra civile, sono stati ben pochi gli investimenti a vantaggio di questa attività. Il susseguirsi di epidemie di rinderpest (peste bovina), poi, ha imposto molti bandi all’esportazione da parte dei paesi del Golfo persico, primi importatori del bestiame somalo. In particolare, l’Arabia saudita ha più volte ribadito questa sua scelta. L’assenza di servizi veterinari ufficiali e gli scarsi investimenti nel settore sanitario hanno, poi, indotto il Paese a non raggiungere un numero critico di personale veterinario competente. Tutto ciò ha significato un isolamento forzato rispetto ai dibattiti internazionali, ostacolando la comprensione dell’importanza di servizi veterinari efficienti da parte della leadership politica e della necessità di investire in servizi di supporto veterinario da parte dei commercianti.

E’ in questo contesto che, dal 1993, Terra Nuova ha dato inizio al suo lavoro a sostegno dei servizi veterinari somali perché potessero essere in grado di competere con gli altri paesi esportatori di animali vivi. Inizialmente, l’attività di Terra Nuova si è concentrata lungo tre direttrici diverse, nell’ambito del programma di prima emergenza (1992-3) ICRC finanziato dalla Comunità Europea:

  • coordinare la formazione di tutte le ONG in modo da sostenere un approccio comune e condiviso;
  • lavorare sul campo per acquisire esperienze;
  • congiungersi alla campagna AU-IBAR per lo sradicamento della Rinderpest.

Questi tre tipologie differenti di ruoli sono state la base per gli interventi successivi di TN in Somalia fornendo, nel contempo, lezioni concrete dal campo e gli strumenti per un approccio coordinato.  Contemporaneamente sono state tracciate due linee di lavoro principali:

  •             sviluppo delle capacità umane;
  •             sorveglianza delle malattie.

Il tema dello sviluppo delle capacità umane ha avuto inizio con il programma di sostegno all’emergenza ICRC (1993-6), sviluppato nell’ambito del Programma Itinerante di Formazione (1997-2004), a sua volta sviluppato in maniera compiuta nell’ambito della Sheikh Technical Veterinary School and Reference Centre (STVS).

Il tema del controllo delle malattie ha avuto inizio con PARC (1998-2000), confluito in PACE(2001-2005) e finalmente in SAHSP (2005-2012).

Mali

Il Mali conta un patrimonio zootecnico tra i più importanti d’Africa (7 milioni di bovini, 16 milioni di piccoli ruminanti, 500.000 cammelli soprattutto al nord del paese). L’agricoltura rappresenta il 45% del prodotto interno lordo, l’allevamento il 10% del PIL. Attorno a quest'ultimo gravitano, poi, settori quali l'agricoltura, l'artigianato e il commercio. Circa il 30% della popolazione dipende in modo diretto dall’allevamento, ma questa proporzione sale all'80% se si considerano il lavoro e l'indotto indiretto. Eppure, gli allevatori/pastori non traggono alcun profitto da questa enorme potenzialità per una serie di difficoltà di ordine climatico, organizzativo e politico-istituzionale.

L’esperienza di Terra Nuova in questo settore si situa a cavallo tra le attività dell’EAS (Educazione Allo Sviluppo) e gli interventi di terreno, ed ha riguardato la filiera latte e la trasformazione del latte come attività generatrice di reddito per le donne da una parte, e i contatti con la rete regionale (Africa occidentale) di allevatori e pastori nomadi: il Réseaux Bilital Maroobé, dall'altra.

Nonostante il Paese abbia i numeri per garantire l’autosufficienza e la sovranità alimentare della sua popolazione (la produzione annua di latte si aggira intorno alle 600.000 tonnellate) il 50% del latte consumato ogni anno proviene dal mercato d’importazione. Solo il 10% di quello prodotto localmente è inserito nel mercato della zona limitrofa a Bamako. Il latte abbonda soprattutto nella stagione umida e in zona rurale, a fronte di un mercato che si situa prevalentemente nelle zone urbane, durante la stagione secca (quando si riduce la disponibilità dei pascoli). La mancanza di politiche nazionali di appoggio alla filiera si combina con gli effetti delle politiche regionali della Comunità economica dell’Africa Occidentale (CEDEAO) che non proteggono sufficientemente i mercati locali dall’invasione del prodotto in polvere.

Grazie alla campagna Europafrica, Terra Nuova ha svolto attività di scambio e visite di terreno in Italia, per consentire la conoscenza diretta e il confronto tra esponenti del mondo agricolo provenienti dai due continenti. In seguito a questi scambi sono nate reti di partenariato tra territori che hanno coinvolto la Calabria e il Lazio. Una delegazione dell’Università della Tuscia, Coldiretti ed AUCS ha visitato il Cercle di Nioro du Sahel e si è impegnata in attività di ricerca scientifica e di solidarietà in appoggio alla creazione di una mini latteria a Nioro. Questo intervento è stato portato a compimento da Terra Nuova grazie a fondi 8x1000 del governo italiano, al bando cooperazione decentrata della regione Lazio e ad un supporto tecnico della FAO.