Kenya: Rift Valley spartiacque alle elezioni
29 gennaio 2016 - A 18 mesi dalle prossime elezioni, il panorama rischia già di essere esplosivo, in Kenya. Soprattutto La Rift Valley non attende che di ribollire. Un ecosistema fragile ed estremamente prezioso la cui composita capacità attrattiva ne ha fatto nel corso degli anni anche un calderone politico instabile, non estraneo a momenti di estrema violenza e di vitale importanza per qualunque candidato alle elezioni. Tanto più che, nei prossimi mesi, vi saranno registrati almeno 1,5 milioni di elettori.
Questa larga fenditura di terra ospita un multiforme scenario agricolo, richiamo di forza lavoro per l’intero stato. Qui, lungo le sponde del lago Naivasha, vengono prodotte le 137.000 tonnellate di rose che affollano letteralmente le città europee e asiatiche, con risvolti ambientali e sociali non sempre positivi. Ma è anche una distesa a perdita d’occhio di campi di tè e caffè. I suoi impianti di energia geotermica, poi, forniscono Nairobi di elettricità a buon mercato; i suoi laghi l’acqua. Non stupisce, quindi, l’enorme afflusso di migranti che hanno reso, di fatto, questa zona un colorato caleidoscopio umano, dominato in particolare dai Kikuyu e dai Kalenjin. Una circoscrizione chiave che Uhuru Kenyatta, l’attuale presidente del Kenya, ha bisogno di conquistare se vuole essere riconfermato l’anno prossimo.
Kenyatta appartiene alla tribù dei Kikuyu, la più grande Paese, e la sua vittoria nel 2013 è stata in parte dovuta all’alleanza con William Ruto, un politico molto popolare tra i Kalenjin. Ma oggi, con l’inflazione galoppante, l’economia che arretra e con Ruto chiamato in giudizio dalla Corte Penale internazionale dell’Aia con l'accusa di istigazione alla violenza dopo le contestate elezioni del 2007, ogni scenario è possibile.
Tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, dopo le elezioni, Naivasha e Nakuru furono devastate da terribili brutalità che sconquassarono il Kenya con oltre 300.000 sfollati e almeno 1.300 persone uccise. Molti dei sostenitori di Ruto si domandano, oggi, perché lui sia ancora sul banco degli imputati mentre le accuse contro il presidente Kenyatta siano cadute. Quel che è certo, però, è che se Ruto dovesse essere condannato, la sua alleanza con l’attuale presidente potrebbe venir meno aprendo la strada ad altre possibilità. Inoltre, Ruto non è l’unico rappresentante dei Kalenjin: Gideon Moi e Isacco Ruto, un governatore della contea, ad esempio, sono due potenziali sfidanti. In uno scenario ancora tutto da definire e che potrebbe, ancora una volta, risultare esplosivo.
Fonte | Economist
Foto |Flckr@ninara