Inizio d'anno di sangue in Mali: continua la spirale degli attentati

20 gennaio 2017 - Con una collaudata ma purtroppo sempre efficace modalità, un attacco suicida con un’auto-bomba a Gao, nel nord del Mali, ha causato il 18 gennaio, 77 morti e 115 feriti tra miliziani delle forze irregolari maliane aderenti alla Coordination des mouvements de l’Azawad (CMA, che riunisce fazioni e gruppi principalmente touareg, che nel 2013-14 avevano capeggiato la ribellione secessionista, ma ora si collocano a fianco delle forme armate maliane per contenere i gruppi jihadisti).  L’attentatore è riuscito a penetrare in un accampamento militare –che secondo la missione delle Nazioni Unite presente nel Paese vedeva presenti circa 600 combattenti - da cui partono i pattugliamenti congiunti dell’esercito regolare maliano e appunto delle milizie che hanno firmato gli Accordi di pace di Algeri, siglato a giugno 2015.  L’attentato è stato rivendicato da Al-Mourabitoune, un gruppo terrorista affiliato a Al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI), ed è un evidente tentativo di indebolire l’Accordo di Algeri, che era stato estremamente faticoso e delicato,  con un gran numero di gruppi e fazioni irregolari che si sono presentate al tavolo di negoziazione o che hanno rifiutato la pacificazione, e che rappresenta il barlume di speranza per fermare la spirale di violenza centrifuga che colpisce il Paese ormai da cinque anni. Si consideri che le Nazioni Unite stanno apertamente parlando di applicare sanzioni contro il governo del Mali per la lentezza con cui si applicano varie clausole dell’Accordo di pace, generando una situazione complessa e fragile. «Se la situazione sicuritaria continua a deteriorarsi così – ha affermato il capo delle operazioni di pacificazione delle Nazioni Unite, Hervé Ladsous - non ci sarà alcuna pace da difendere».

Un bilancio del 2016 presentato dall’esercito maliano, segnala ben 118 attacchi di gruppi jihadisti contro l’esercito regolare maliano, contro la missione delle Nazioni Unite (MINUSMA, 11.000 uomini; questa è stata l’anno scorso la missione militare ONU che ha subito le perdite in vite umane più alte) e contro i militari francesi dell’operazione ‘Barkhane’ (un’operazione dell’esercito francese lanciata ad agosto 2014 e che invece di avere come area d’azione un solo paese, a fronte della mobilità dei gruppi jihadisti copre Mali, Mauritania, Burkina Faso, Niger e Ciad).

 

Fonte: Jeune Afrique