I governanti europei hanno mai letto un libro di storia o demografia?

Che nel 2019 si continui a parlare di ‘emergenza migrazioni’ è incredibile, e dà il segno della perdita di raziocinio imperante: in tutto il pianeta siamo di fronte ad una grande mobilità di persone e popoli, che interessa pressoché tutte le nazioni. Pensare che solo l’Italia o solo l’Europa sia terra di arrivi è privo di fondamento. E’ ora di costruire un ragionamento serio e maturo, non di sole parole d’ordine e principi, per preparare solidi percorsi di integrazione ed incontro reale, che permettano ricostruire le nostre comunità locali quando le campagne elettorali finiranno e sarà evidente che i muri cadono sempre, prima o poi.

14 gennaio 2019 - Forse, nessun governante in Europa ha letto un libro di storia o di demografia.
Oppure, e sarebbe peggio, tutti i politici europei hanno come unico orizzonte i gradimenti nell’ultimo sondaggio di opinione o le prossime elezioni, e non invece il miglior modo per preparare il proprio paese ad affrontare le sfide del domani.

Che nel 2019 si continui a parlare di ‘emergenza migrazioni’ è incredibile, e dà il segno della perdita di raziocinio imperante: è evidente a chiunque che in tutto il pianeta siamo di fronte ad una grande mobilità delle persone e dei popoli, a dei flussi di emigrazione con alti numeri e che interessano pressoché tutte le nazioni. Pensare che solo l’Italia o solo l’Europa sia terra di arrivi è privo di fondamento, se si pensa che solo in Libano ci sono circa 2 milioni di rifugiati e profughi su una popolazione di 6 milioni di persone (in Italia gli stranieri comprese tutte le categorie possibili sono 5 milioni su 60 milioni di abitanti). Pensare di affrontare questo con muri e filo spinato è ridicolo, oltre che inefficace. Non pensare a strategie globali che affrontino la realtà, è a dir poco sventurato e segno appunto di pochezza della politica e dei politici. Oppure fa pensare a imprenditori politici che sperano di lucrare sulle tensioni, le paure e i disagi di un incontro interculturale inevitabile, con tutta la sua complessità e le tensioni che ovviamente porta ogni incontro tra ‘diversità’, per avere il loro momento di gloria.

Che l’Europa (non solo l’Unione Europea come soggetto sovranazionale costituitosi nei decenni a partire dal monito: “mai più guerre, dignità della persona, solidarietà”, ma l’Europa culla dell’illuminismo) non riesca/voglia affrontare e risolvere la situazione di 49 persone che rischiavano di annegare nel Mediterraneo e salvate in mare dalle navi ‘Sea Watch’ e ‘Sea Eye’, che sono potute sbarcare a Malta dopo ben 19 giorni in un mare burrascoso e che ora sono al centro del dibattito sul loro “smistamento”, sembra segnare il punto più basso della nostra cultura e dell’architettura istituzionale uscita dalla II guerra mondiale.

Noi ci rifiutiamo di assistere passivamente al travisamento del progetto europeo; ci rifiutiamo di subire l’incattivimento che dilaga nelle nostre città, con la ricerca del capro espiatorio tra le persone più fragili e vulnerabili; ci rifiutiamo anche, però, di dover scegliere tra ‘cattivismo’ e la difesa di un sistema dell’accoglienza di profughi e migranti che in Italia (ed Europa) era comunque manchevole, contradditorio, farraginoso, funzionale ad avere una mano d’opera economica e ricattabile per il lavoro stagionale in agricoltura, nei trasporti e logistica, nel mercato del sesso a pagamento. E’ ora di costruire un ragionamento serio e maturo, non di sole parole d’ordine e principi, per preparare solidi percorsi di integrazione ed incontro reale, che permettano ricostruire le nostre comunità locali quando le campagne elettorali finiranno e sarà evidente che i muri cadono sempre, prima o poi.