Donne e pastorizia in America Latina: garanti della sovranità alimentare e della biodiversità

​In America Latina, le donne che si occupano di pastorizia sono anche le garanti della sovranità alimentare della famiglia e della comunità, e salvaguardano la biodiversità dello "spazio conosciuto", cioè tutta la zona in cui portano a pascolare i loro animali. Il loro ruolo è quindi fondamentale per la sicurezza alimentare delle popolazioni, ma è necessario sostenerle nel modo giusto, ossia facilitando l'accesso al credito e supportando le loro organizzazioni.​

29 dicembre 2017 - Maria Teresa Alvarez (Marité) è una ragazza che esprime tutta la sua forza già attraverso lo sguardo. Fiera, determinata, è una donna indigena che alleva animali e li porta al pascolo nell'ecoregione del Chaco, in Argentina. E lotta ogni giorno per i diritti di tutte le donne e gli uomini che, come lei, in Argentina e in tutta l'America Latina, svolgono questo importantissimo ruolo: quello di salvaguardare la biodiversità e garantire la sovranità alimentare attraverso la pastorizia. Marité Alvarez fa parte della World Alliance of Mobile Indigenous Peoples (WAMIP), un'organizzazione che sostiene i popoli indigeni nomadi di tutto il mondo, per aiutarli a mantenere il loro stile di vita in movimento e la loro identità culturale, gestire in modo sostenibile le loro risorse comuni e ottenere il pieno rispetto dei loro diritti. "Ci alimentiamo e nutriamo attraverso il cibo che raccogliamo dalle foreste, dai pascoli, dai fiumi e ovviamente dagli animali che alleviamo" racconta Marité al Meccanismo della Società Civile (CSM), lo spazio che mette in relazione le organizzazioni della società civile di tutto il mondo che lottano per eradicare l'insicurezza alimentare e la malnutrizione, con il Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (CFS). "Come pastori, esercitiamo il nostro diritto al cibo ed alla nutrizione grazie alla nostra mobilità, che fa sì che possiamo sostenerci da soli tra diversi ecosistemi". Marité Alvarez è anche parte del Comitato di Coordinamento del CSM, ed è sempre in prima linea nella lotta per il diritto umano al cibo e alla nutrizione.

L'abbiamo incontrata e abbiamo cercato di capire con lei qual è il ruolo e soprattutto le difficoltà quotidiane delle donne dedite alla pastorizia in America Latina.


Qual è il ruolo delle donne dedite alla pastorizia  in America Latina?

Le donne devono garantire principalmente la sovranità alimentare della famiglia, come anche gestire e amministrare le risorse. E’ importante comprendere che, nel caso delle donne che praticano la pastorizia, lo spazio domestico non è solo la casa, ma tutto il circuito in cui portano a pascolare le greggi. Noi lo chiamiamo lo “spazio conosciuto”. Per cui il ruolo fondamentale per garantire la sovranità alimentare della famiglia è proprio quello di gestire le risorse naturali. Per questo assicura la biodiversità! Perché una donna dedita alla pastorizia non mangerà mai più di ciò che necessita. In questa condizione particolare di convivenza con l’ecosistema naturale in cui vive, non c’è solo una missione di amministrazione e gestione ma anche di protezione e garanzia della sostenibilità di questi spazi naturali.

Quali sono i compiti di base che svolgono queste donne?

Dipende da quali animali si pascolano! Lama, alpaca... E dipende molto anche dalla zona. Spesso nelle zone alte vanno gli uomini, mentre le donne si occupano degli animali dell’aia, galline, ecc., ma anche di altri camelidi. Generalmente gli uomini stanno dietro agli animali più grandi, le mucche per esempio, mentre le donne si occupano di quelli più piccoli come le pecore, le capre, le galline, sempre però in mobilità, spostandosi.

Quali sono le principali difficoltà che trovi nel tuo lavoro quotidiano?

Prima di tutto, l’accesso al credito. Non mi riferisco al microcredito, che nel nostro caso non funziona. Viviamo lontane dal centro urbano, per andare a prendere qualsiasi cosa in città dobbiamo fare lunghi viaggi e sono cari! Il microcredito non è sufficiente. Per cui abbiamo bisogno di fare investimenti un pochino più consistenti ma ci serve l’accesso al credito, anche per fare investimenti buoni a livello qualitativo, non tanto quantitativo. Per cui il principale appoggio adeguato di cui avremmo bisogno, non è quello di fare investimenti assistenzialistici e pensati dal punto di vista di chi investe, ma scelti e analizzati dai gruppi di donne e uomini che si occupano di pastorizia. Quindi è necessario appoggiare e sostenere i gruppi, le organizzazioni locali, territoriali: riunirci per noi è caro perché viviamo lontane! E’ li che si vede un vero appoggio! Stimolare riunioni, incontri di interscambio, chiederci di cosa abbiamo bisogno a livello collettivo, non solo alle singole persone! Inoltre mancano infrastrutture adeguate, accessibilità, e questo rende complicato anche portare i nostri prodotti ai mercati locali.

Come riuscite a conciliare i tempi del lavoro con quelli della famiglia, e con il tempo per voi stesse?

Il lavoro è duro, sicuramente, però lo facciamo. Il problema è che non abbiamo poi il minimo tempo per noi stesse. Non intendo andare dal parrucchiere o a comprare qualcosa, ma ciò di cui abbiamo bisogno sono spazi di riflessione, dove possiamo pensare e confrontarci sul doppio carico che abbiamo come donne che praticano la pastorizia, cioè quello di badare alla famiglia e quello del nostro lavoro. Questo spazio di riflessione è fondamentale anche per la lotta al machismo: non possiamo iniziare una lotta senza aver prima riflettuto al nostro interno, è importante per far fronte a questa doppia responsabilità che abbiamo.
Subiamo ogni giorno una tripla discriminazione: in quanto donne, in quanto lavoratrici della pastorizia che vivono in zone rurali, e in quanto indigene.

 

Grazie a Flora Sonkin per averci aiutato nell'intervista.
Foto: @Civil Society Mechanism