Difensori dei diritti umani in pericolo: è tempo di agire
Sono 312 le persone uccise nel 2017 per aver difeso di diritti umani nel mondo. La maggior parte di questi, ha sacrificato la propria vita per difendere la terra e l'ambiente, in contesti dove le grandi multinazionali e i governi premono per portare avanti grandi investimenti. Questo bilancio sempre più alto ha portato la rete internazionale Defenders in Development a rivolgere precise richieste ai governi per responsabilizzare le banche e i fondi di sviluppo rispetto ad un reale supporto e difesa dei diritti umani e di chi li difende. La rete In Difesa Di, di cui facciamo parte, ha inviato sul tema una lettera al Ministro dell'Economia e a quello degli Esteri.
24 ottobre 2018 - Il 15 ottobre la rete In Difesa Di, composta da oltre 40 organizzazioni e di cui Terra Nuova fa parte, ha inviato una lettera al MEF e al MAECI nell'ambito della campagna internazionale Defenders in Development.
Nella missiva si affronta la questione delle violenze e delle minacce che migliaia di difensori della terra, dell'ambiente e dei diritti umani subisono in molte parti del globo. La lettera contiene anche precise richieste di azione, che le istituzioni italiane dovranno intraprendere se vorranno mantenere quanto affermato più volte, sia in sedi nazionali che internazionali.
Il 2018 è un anno particolare per i Diritti Umani. Ricorre infatti il 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il 20esimo anniversario della dichiarazione ONU sui difensori/e dei diritti umani, e il 25esimo della dichiarazione di Vienna e il programma d'azione. Eppure le cose stanno andando davvero male.
Nel 2017 sono stati uccisi almeno 312 difensori (la cifra reale, con ogni probabilità, è più alta, vista la difficoltà di raccogliere informazioni documentate in alcune zone). Il 67% delle vittime si impegnava per la difesa della terra e dell'ambiente in contesti dove le grandi multinazionali e i governi premono per portare avanti grandi investimenti, che siano per attività estrattive, agricole o di altro genere. Dal 1998, anno dell'adozione della dichiarazione sui difensori/e dei diritti umani, sono stati assassinati circa 3500 difensori.
Di fronte a questa situazione, appare imprescindibile cambiare marcia per percorrere una rotta più attenta e rispettosa dei diritti di chi si batte per la terra, l'ambiente e i diritti umani. Troppo spesso, infatti ,accade che gli interventi di sviluppo siano programmati senza porre sufficiente attenzione alle implicazioni, al contesto e al rispetto dei diritti umani. Finendo così per peggiorare la situazione e acuire i conflitti socio-economici-ambientali.
Per questo la campagna Defenders in Development ha rivolto precise richieste all'Italia e a tutti gli altri paesi per responsabilizzare le banche e i fondi di sviluppo. In primo luogo, i progetti di sviluppo e cooperazione devono supportare realmente i diritti umani. Devono poi promuovere un ambiente che sia favorevole a una effettiva partecipazione pubblica. Infine, si devono attuare misure volte a una concreta difesa dei difensori dei diritti umani in pericolo.
L'appello della campagna Defenders in Development è particolarmente chiaro nei confronti delle banche multilaterali di sviluppo, che hanno un'influenza davvero significativa attraverso gli investimenti nei progetti, la promozione di una politica piuttosto che di un'altra e l'adozione di alcuni standard. A questi istituti si chiede di "intraprendere tutte le azioni necessarie per assicurarsi che i loro interventi supportino la realizzazione dei diritti umani, senza causare o contribuire ad abusi dei diritti umani, e che promuovano spazi sicuri per le comunità e la società civile per partecipare e influire sui processi di sviluppo, esercitando le proprie libertà fondamentali".
Una richiesta che include differenti azioni che si dovrebbero portare avanti senza indugi. Come spiega ancora la lettera, è necessario sviluppare policy sui difensori dei diritti umani, sviluppare protocolli che prevengano e rispondano a eventuali attacchi, assicurare l'accesso alle informazioni e i processi di consultazione delle comunità, garantendo la possibilità di un consenso informato, previo e libero. Inoltre, le banche multilaterali di sviluppo dovrebbero condurre "due diligence" relativamente ai diritti umani, con lo scopo di individuare e rispondere a possibili rischi di violazione. Sono infine fondamentali le analisi di lungo termine, necessarie per valutare l'impatto dei progetti anche dopo la conclusione degli stessi.
Si tratta di un appello che inevitabilmente coinvolge anche i governi nazionali e le istituzioni dell'Unione Europea, che spesso sono azionari e investitori delle banche di sviluppo. L'Italia, ad esempio, si è impegnata a sostenere i difensori dei diritti umani non solo nel quadro della presidenza OSCE 2018, ma anche inserendo questa responsabilità tra i "pldege" della propria candidatura al seggio triennale al Consiglio dei Diritti Umani dell'ONU. Il governo italiano ha inoltre articolato all'interno del "Piano di Azione Nazionale su Imprese e Diritti Umani" una serie di indicazioni rispetto al ruolo delle imprese nel proteggere i difensori dei diritti umani, indicandiole come "best practices" imprenditoriali.
Sebbene la lettera riconosca l'impegno dell'Italia, ribadisce comunque l'importanza di azioni concrete per garantire che le azioni di alcune banche siano maggiormente volte al riconoscimento del ruolo centrale dei difensori dei diritti umani e ad assicurarsi che le politiche di sviluppo e cooperazione dell'Italia, gli investimenti e le altre attività rispettino e proteggano i difensori dei diritti umani.
Il 12 ottobre l'Italia è stata eletta per il triennio 2018-2021 al Consiglio dei Diritti Umani dell'ONU dall'Assemblea Generale con 180 voti. Di fronte a questa elezione, il Governo italiano non può più rimandare azioni concrete in difesa dei difensori/e dei diritti umani.
Foto: Flickr/@Agencia Prensa Rural