Covid-19 in Perù un anno dopo. Con i leader indigeni continuiamo a sostenere i bio-orti

Dall'inizio della pandemia nel marzo 2020, il Perù risulta essere uno dei paesi più colpiti. Nonostante le strategie di contenimento e le misure sanitarie adottate dal governo, il paese si trova attualmente nel mezzo di una seconda ondata di infezioni che colpisce in particolare le fasce di popolazione più povere e più vulnerabili. Con  una popolazione stimata di circa 32 milioni di abitanti, il Perù conta 1.659.707 casi confermati e 55.489 morti per COVID-19 ( dati del Ministero della Salute aggiornati al 13 aprile 2021). Tra le principali cause di morte si segnalano la mancanza di cure tempestive e la mancanza di ossigeno e accesso alla ventilazione meccanica nelle unità di terapia intensiva negli ospedali.

Guardando alla popolazione indigena affetta da COVID-19, il Ministero della Salute del Perù riporta 27.007 casi confermati e 513 morti. I popoli indigeni più colpiti, sempre secondo i dati del Minsa, sono gli Awajún con 7.176 casi; seguono i Kichwa, con 2.767; gli Asháninka con 1.757; gli Shipibo-Konibo con 1.223 e gli Achuar con 875 casi. I popoli indigeni in Perù sono stati storicamente esclusi dalle politiche pubbliche e dai piani di sviluppo dello Stato e continuano oggi ad affrontare difficoltà e limitazioni nell'accesso ai più importanti servizi pubblici e persino nell'esercizio dei loro diritti fondamentali. 

Nel contesto della pandemia, queste disuguaglianze si sono accresciute e le difficoltà si sono moltiplicate. Se già prima le popolazioni indigene del Perù partivano da una situazione svantaggiata per via della mancanza di accesso all'acqua, ai servizi igienici e all’istruzione, del limitato accesso ai servizi sanitari, dell'espropriazione delle loro terre e delle loro risorse naturali unite alla deforestazione, alla perdita di biodiversità, e dunque all'insicurezza alimentare e alla malnutrizione, con la pandemia abbiamo visto questi problemi aggravarsi, fino al punto di mettere a rischio la vita di queste popolazioni.

Vaccinare la popolazione in generale, e le popolazioni indigene in particolare, è una speranza per uscire dall'emergenza sanitaria, ma è un processo lento e un compito difficile poiché la disponibilità di vaccini è limitata, senza contare  l'inefficienza dello Stato nella somministrazione del vaccino con le dosi attualmente disponibili.

Una delle raccomandazioni della “Defensoria del Pueblo” recitava: "lo Stato deve garantire la distribuzione, la consegna e l'applicazione dei vaccini contro il COVID-19 per la popolazione indigena andina e amazzonica, con rilevanza culturale e in coordinamento con le loro organizzazioni rappresentative". 
La vaccinazione delle comunità indigene è prevista per la seconda fase del Piano Nazionale di Vaccinazione contro il COVID-19. Tuttavia, il governo non ha ancora informato le organizzazioni indigene sulle strategie che utilizzerà per raggiungere la loro immunizzazione. I leader indigeni hanno ripetutamente espresso la loro preoccupazione sul tipo di vaccino che sarà utilizzato, sulle tempistiche, e i luoghi deputati alla vaccinazione. 

Su questo versante, Terra Nuova Perù ha lavorato e lavora in coordinamento con le istituzioni della società civile, le organizzazioni indigene, i governi locali e i centri sanitari nelle aree di intervento per ridurre al minimo l'impatto del COVID-19 sulle famiglie delle comunità indigene e sui piccoli agricoltori. 

Lo facciamo attraverso il rafforzamento della produzione agricola, e in cooperazione con i leader indigeni promuoviamo i bio-orti. Contribuiamo così a diversificare la dieta alimentare e a sostenere la ripresa economica delle famiglie rurali, promuovendo nelle comunità indigene processi associativi per la produzione biologica, trasformazione e commercializzazione di prodotti locali e favorendo il processo di miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni indigene.  

Articolo inviatoci da Lili Avensur - Capo Progetto per Terra Nuova Perù

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