Come connettere i piccoli produttori ai mercati? L'High Level Forum al Comitato Mondiale per la Sicurezza Alimentare
27 luglio 2015 - Il tema dell’accesso ai mercati da parte dei produttori di cibo di piccola scala è stato discusso il 25 giugno 2015 alla FAO, durante l’High Level Forum on Connecting Smallholders to Marketsorganizzato dal Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale (CFS). Hanno attivamente contribuito al Forum diverse categorie, o stakeholders, interessate alla tematica, tra cui settore privato, governi, agenzie delle NU e rappresentanti delle organizzazioni contadine, dei pescatori artigianali e dei consumatori attraverso il Civil Society Mechanism (CSM). Trattandosi di un forum organizzato nell’ambito della sicurezza alimentare, questi ultimi interventi in particolare hanno posto l’accento sui diritti umani. L’organizzazione dei mercati deve rispettare il diritto al cibo, i diritti del piccoli produttori, dei popoli indigeni e delle donne, e non può basarsi solo ed esclusivamente sui "diritti" di proprietà. Un dato di partenza incontrovertibile: il 70% del cibo, a livello mondiale, è prodotto proprio dai cosiddetti "smallholders", o piccoli produttori, e raggiunge milioni di consumatori attraverso i mercati locali. Al di là di quello che comunemente si è portati a pensare, infatti, i supermercati e le cosiddette "catene di valore" riforniscono solo una minima parte del cibo consumato a livello mondiale. Ciononostante è il mercato internazionale a dominare il panorama politico e dettare le regole. A causa della mancanza di dati relativi ai mercati locali, essi vengono definiti come "mercati invisibili", mentre in realtà garantiscono l'alimentazione alla maggioranza della popolazione mondiale.
I messaggi chiave portati dalla società civile sono stati accompagnati da esempi concreti provenienti dalla Cina, dall'India, dal Mali e dal Sudafrica. In tutti i casi il denominatore comune è la richiesta di un riconoscimento e un rafforzamento dei mercati locali, nonché una comprensione approfondita sul perché, malgrado il leitmotiv dell’aid for trade, i mercati formali si siano trasformati oggi in una minaccia più che in un’opportunità per i produttori di piccola scala.
Il Task Team, o comitato di pilotaggio, che ha elaborato ed organizzato l’High Level Forum, ha concentrato i propri studi principalmente sulle cosiddette “catene di valore” e sui quei mercati che si scopre sempre più essere veicolo di cibo non sano, né per i consumatori né per l’ambiente, a causa delle modalità e degli impatti della produzione e della commercializzazione che contribuiscono al cambiamento climatico. L’obiettivo del CSM è proprio quello di riorientare il discorso e le politiche in favore del riconoscimento della diversità e di reti del cibo il più possibile articolate, decentrate e basate sull’agro ecologia e sui mercati locali.
La richiesta delle organizzazioni della società civile va nella direzione di politiche pubbliche che limitino lo strapotere delle multinazionali del settore agroalimentare e che inizino a rispondere ai veri bisogni delle persone: garantire prezzi stabili, remunerativi ed equi per chi produce e chi consuma; difendere i settori più vulnerabili dai rischi della volatilità dei prezzi e dal cambiamento climatico, rendere possibili strumenti di gestione dell’offerta come le riserve e le acquisizioni collettive; promuovere investimenti nell’agricoltura ecologica di piccola scala e la ricerca mirata a questi scopi.
Per riassumere con una frase la radicalità del messaggio portato a Roma dai rappresentanti di milioni di produttori di cibo del mondo: “Noi non siamo imprenditori agricoli: siamo attori economici, sociali e culturali, non siamo spinti dal profitto ma chiediamo un reddito equo. Per questi motivi, i mercati che gestiamo rispondono ad una logica differente rispetto a quella dominante”.