Ciad: l'urlo di Zouhoura sgretola il silenzio della violenza sulle donne

16 giugno 2016 - Il Ciad, un paese del Sahel di cui poco o niente si legge sulla stampa italiana. Una giovane donna di un villaggio dei tanti di questo Paese. Il rapimento da parte di alcuni uomini che la trascinano in auto mentre torna da scuola, una mattina qualsiasi del mese di febbraio di quest’anno, e la violenza di gruppo contro di lei.

Questi i contorni della vicenda; forse una storia delle tante che purtroppo succedono.

Ma poi c’é il coraggio, in una paese "silenziato" dalla stampa e dove il silenzio per la popolazione femminile è quasi un obbligo e la violenza sessuale un tabù, di questa ragazza di 16 anni di nome Zahara Mahamat Yosko, ma chiamata in famiglia Zouhoura, che denuncia gli aggressori e li porta in tribunale. E  c’è un paese, che ha vissuto anni di guerra civile, governi dittatoriali, conflitti "etnici" e nel sud la presenza del gruppo terroristico Boko Haram affiliato al DAESH, ma che reagisce stringendosi a Zouhoura e chiedendo giustizia e riparazione per la vittima. E dove i giovani, utilizzando la rete dei social media, amplificano e danno voce alla denuncia di Zouhoura.

Il governo è stato obbligato dalla pressione dell’opinione pubblica ad agire; il tribunale, a perseguire i colpevoli ed avviare il processo in tempi rapidi. I sospetti colpevoli sono stati individuati e arrestati: sei giovani di cui due sono figli di alti dignitari dell’establishment. Pochi giorni fa due degli arrestati, e proprio quelli delle famigli più in vista, sono fuggiti dal carcere. Il fatto importante comunque, resta che la determinazione di una giovanissima vittima ha portato la gente del Ciad a reagire ad una cultura violenta contro le proprie stesse figlie; ha obbligato la stampa a parlare dello stupro; ha costretto il Presidente della Repubblica a dichiarazioni molto forti contro l’impunità e le connivenze. In Ciad non c’è più solo silenzio. (Di Piero Confalonieri).

Foto | Jeune Afrique