CFS: "Sviluppo agricolo sostenibile: quale ruolo per l'allevamento?" - Sintesi e raccomandazioni

19 luglio 2016 - 9,7 miliardi di persone popoleranno la terra nel 2050. L’obiettivo, assolutamente da raggiungere, è la sovranità alimentare per ciascuno di loro. Ma perché ciò sia possibile, anche in funzione delle generazioni future, le scelte di produzione alimentare che da qui a quella data verranno prese, dovranno essere responsabili e, soprattutto, sostenibili.  

A questo scopo, il CFS (Comitato Mondiale per la Sicurezza Alimentare) ha chiesto al Gruppo di Esperti di alto livello sulla sicurezza alimentare e la nutrizione (HLPE) di produrre un rapporto specifico sul tema, da presentare alla 43esima sessione plenaria ad ottobre 2016. Dopo “Collegare i piccoli produttori ai mercati”, quindi, il 23 giugno è stato presentato anche il Rapporto “Lo sviluppo agricolo sostenibile al servizio della sicurezza alimentare e della nutrizione: quale ruolo per l’allevamento?”.

Il documento, accurato nelle analisi, è alquanto miope, però, nelle terapie che prescrive dando per scontato un aumento del consumo di carne e di prodotti di origine animale che ha per logica conseguenza l'intensificazione della produzione entro il 2050. Noi crediamo piuttosto che vadano cambiate le abitudini alimentari, perché sappiamo che i consumi sono già oggi ben al di sopra di quanto consigliabile per la salute umana e per l'ambiente. Inoltre il Commitato per la Sicurezza Alimentare piuttosto che cercare di integrare le piccole e diversificate modalità di allevamento e produzione esistenti nelle filere alimentari globali, dovrebbe promuovere lo sviluppo di mercati locali/ territoriali, in linea con quanto affermato nelle raccomandazioni elaborate nell'asse di lavoro "Collegare i piccoli produttori ai mercati".

Tra le raccomandazioni più volte ribadite vi è la necessità che le scelte - siano esse politiche, economiche, produttive o commerciali - vengano adattate agli specifici contesti e territori: solo in questo modo sarà possibile consentire una transizione concreta verso sistemi alimentari e agricoli eco compatibili e al servizio della sovranità alimentare e della nutrizione.  

La pastorizia e le pratiche connesse all’allevamento utilizzano una parte considerevole delle risorse fondiarie del pianeta: si stima che le praterie e i pascoli permanenti costituiscano circa il 26% delle terre emerse. Le modalità produttive, poi, variano dai sistemi estensivi a quelli intensivi - con migliaia di animali nutriti con alimenti concentrati e confinati in spazi limitati - passando per tantissime varietà intermedie. Per comprendere la complessità di questi sistemi - riconoscendo anche una certa penuria di dati in merito - il Rapporto considera 4 grandi categorie: le piccole fattorie miste, l'allevamento pastorale, l'allevamento all’erba e quello intensivo.

Un altro fattore di cui si è tenuto conto è che 4 imprese agroalimentari controllano una fetta di mercato relativa al commercio mondiale in cereali compresa tra il 75 e il 90%. Com’è possibile parlare di sostenibilità e di diritto al cibo in queste condizioni? Specie in considerazione delle tante barriere all’entrata, degli oligopoli e dei rischi di abuso di posizione dominante che questo dato comporta. Non solo, i sistemi di allevamento intensivi sono quelli meno resilienti ai cambiamenti climatici e quelli che sprecano più risorse risultando, di conseguenza, meno efficienti. Essi producono, poi, più problemi anche sul fronte della salute umana e animale, con lo sviluppo di resistenze agli antibiotici e l'emersione di sempre nuove patologie.

Per risolvere alla base queste problematiche è necessario uno sforzo multisettoriale, a livello locale, nazionale e sovranazionale. Le strade da seguire dovranno combinare, così, interventi tecnici, investimenti, politiche e strumenti finalizzati a creare condizioni favorevoli all’allevamento per un uso più efficiente delle risorse.

Più nel dettaglio, queste misure dovranno essere volte a: migliorare l’efficacia d’uso delle risorse, - scegliendo pratiche e tecnologie in funzione del contesto dato o adottando diversi approcci eco-sistemici; ad accrescere la produttività preservando le limitate risorse e riducendo le emissioni di gas serra; a rinforzare la resilienza dei sistemi produttivi, attraverso la diversificazione e l’integrazione delle colture e dell’allevamento ad ogni livello; a migliorare i risultati in materia di equità e responsabilità sociale, e,non da ultimo, a fare in modo che le strategie nazionali di sviluppo agricolo sostenibile si attengano ai bisogni e agli interessi delle fasce più vulnerabile di popolazione (donne, bambini migranti, popoli autoctoni..). 

La sintesi completa e le raccomandazioni sono liberamente scaricabili, in Inglese, Francese e Spagnolo, qui.