Cambiamento climatico, siccità: catastrofe annunciata in Africa
14 aprile 2016 - Ieri, il presidente del Malawi, poverissimo stato dell’Africa australe, ha dichiarato lo stato di catastrofe naturale chiedendo aiuti internazionali, a causa delle mancate precipitazioni piovose che stanno distruggendo i raccolti. «Dichiaro il Malawi in stato di catastrofe naturale dopo i prolungati periodi di siccità della stagione agricola», ha espresso il presidente Peter Mutharika. In totale, 23 distretti su 28 del paese, sono colpiti da questa situazione. L’anno scorso, erano state le inondazioni ad aver distrutto i raccolti ed obbligato più di 200.000 persone del Malawi a lasciare le proprie case.
Nel vicino Mozambico, sempre nella giornata di ieri, si è elevato il livello di guardia ad “allerta rossa”, a causa della siccità. «Il numero di persone in situazione d’insicurezza alimentare è passato dalle 380.000 di gennaio a quasi 1 milione e mezzo» ha dichiarato all’agenzia di notizie AFP, il direttore de Centro nazionale per le operazioni d’emergenza (CENOE), Mauricio Xerimba. Sette province del centro e del sud del Paese (su 11 dell’intero Mozambico) sono toccate da questa calamità e in certi municipi più del 90% delle produzioni agricole si è perso.
Ma è l’intera regione a soffrire l’impatto del fenomeno del ‘Niño’ e in generale del cambiamento climatico: lo Zimbabwe ha già dichiarato lo stato di catastrofe, lo Zambia è colpito anch’esso e il Sudafrica, paese tradizionalmente esportatore di cereali, ha dimezzato i raccolti di questi grani.
Come spiega un documento della CEPAL e dell’Unione Europea, titolato “Otto tesi sul cambiamento climatico e lo sviluppo sostenibile in America Latina”, un presupposto è chiaro “Il cambiamento climatico si esprime già ora in trasformazioni evidenti del clima attuale, che si intensificheranno in futuro” (tesi 1). Un’altra evidenza è che, sebbene quando piove si bagnano tutti, ricchi e poveri, il cambiamento climatico in atto colpirà più pesantemente i paesi poveri, e all’interno di questi gli stati sociali, meno attrezzati per far fronte agli stress climatologici, con minori “ombrelli” protettivi in termini di scorte alimentari, infrastrutture solide e distribuite, strutture o reti sociali di protezione e risposta. (di Piero Confalonieri)
Fonte | Jeune Afrique
Foto | Flickr@FrancescoCirigliano