Burundi da paura
26 gennaio 2016 - Volete leggere un articolo che mette i brividi? La rivista “Jeune Afrique” pubblica un testo in cui si descrive la situazione attuale del Burundi. Riporta la notizia di un memorandum del capo delle operazioni di mantenimento della pace dell’ONU, Hervé Ladsous, in cui si esprimono forti preoccupazioni sulla stabilità del paese a causa del costante deterioramento della situazione. Il documento, che doveva restare confidenziale, segnala costanti rappresaglie e persecuzioni ai danni di persone delle organizzazioni sociali o anche solo dei quartieri considerati bastioni dell’opposizione da parte dei servizi di sicurezza e dai giovani di Imbonerakure, una organizzazione di supporto al partito del presidente Pierre Nkurunziza.
Il documento tratteggia alcuni possibili scenari: il mantenimento dello status-quo, con sporadiche violenze ma sostanzialmente un incerto equilibrio; l’intensificazione delle violenze con conseguente ribellione e lo scatenarsi di una guerra civile ed infine il passaggio (probabilmente orientato da attori politici interessati) da una crisi politica ad un conflitto etnico, con nuovo genocidio contro i Tutsi.
La parte più impressionante dell’articolo è dove viene descritto il terrore che vivono gli abitanti di un villaggio di rifugiati Tutsi, in un contesto in cui la popolazione è in maggioranza Hutu. I rifugiati, nel dicembre del 2015, hanno scritto una lettera al Segretario generale delle Nazioni Unite, scrivendo: «Non prenda alla leggera il nostro grdo d’allarme, vi preghiamo, intervenite! Fate che l’organizzazione di cui siete responsabile vigili per evitare che il genocidio si ripresenti». La paura è costante, è “come il vento, entra dappertutto” si legge. E se è più forte tra i Tutsi, che sanno bene come il governo di Nkurunziza sia per il predominio Hutu, attanaglia tutti perché «la mort peut vous prendre à tout moment et venir de n’importe où», come dice un abitante al giornalista.
Nuovamente, è l’uso politico delle differenze che crea il conflitto etnico (o su un altro piano: religioso) e certo al presidente in carica farebbe comodo che la ribellione contro la sua candidatura imposta violando la Costituzione e la sua vittoria alle elezioni da poco svolte e considerate viziate da imbrogli e brogli dalla comunità internazionale, si trasformasse in un conflitto su base etnica.
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